TITOLO DI STUDIO vs INTELLIGENZA vs PRATICITÀ

Molto spesso si utilizza il titolo di studio per valutare e giudicare le persone. Nulla di più sbagliato.
È chiaro che, in alcune professioni, la laurea è una condizione necessaria, ma non potrà mai essere un parametro oggettivo per misurare l’intelligenza o le capacità di un individuo.
A parte il fatto che oggi la laurea è un titolo diffusissimo, conosco persone plurilaureate che, in situazioni quotidiane, vanno in tilt: non riescono a prendere il treno giusto in stazione, hanno difficoltà ad acquistare un oggetto su Amazon, non riescono a capire una barzelletta, non sanno andare in biciletta o non sono in grado di cuocersi un uovo.
Laurea a parte, ci sono persone che reputo dotate di intelligenza superiore, eccellenti in ambiti specifichi, che poi vanno in difficoltà nelle cose più semplici. A volte possono essere distratte o sovrappensiero, non ascoltano forse per eccesso di sicurezza, oppure sono concentrati su problemi complessi e quindi snobbano dettagli quotidiani spesso fondamentali. Fatto sta che mi capita sempre più spesso di imbattermi in queste situazioni e ormai non mi sorprendo più di nulla.
Per fare un esempio concreto: in una chat ho dato indicazioni chiare per eseguire un’azione semplicissima (un bonifico) e, tra tutti, le uniche due persone che hanno sbagliato sono tra coloro che ritengo più intelligenti e hanno il titolo di studio più alto.
Con questo, non voglio giudicare nessuno, non ce l’ho certo coi laureati (la laurea ce l’ho anche io anche se ancora è nel tubo di cartone con cui l’ho ritirata), ma per favore non giudichiamo le persone per luoghi comuni. In sostanza, essere brillanti in un campo non significa essere bravi in tutto: e serve equilibrio tra teoria e pratica.