LE RAGIONI DEL SÌ

Facciamo un esempio. La vostra bella casa, che vi ospita e protegge dignitosamente da oltre 60 anni, necessita di essere ristrutturata per poter essere più efficiente energeticamente e rispondere alle nuove esigenze di un mondo estremamente cambiato. La struttura, ben fatta, è ancora solida, ma vanno applicate alcune migliorie che al momento della prima costruzione non erano né possibili né necessarie. Una cosa è certa, sono più di 30 anni che in casa si dice di doverci mettere mano. Lo dicono tutti, a parte i nonni, per i quali ogni cambiamento, anche sostituire una vecchia poltrona, rappresenta un trauma. Ma vuoi per carenza di soldi, per l’incapacità di mettersi d’accordo, per la continua priorità data all’ordinario, il progetto non è mai partito.

Il referendum lo vedo così. La Costituzione è la nostra casa. Ben fatta, una delle migliori del mondo, soprattutto nei suoi principi fondamentali, che sia bene inteso non saranno assolutamente toccati dalla riforma. Ma il tempo e alcune inefficienze emerse con la semplice applicazione reale ne richiedono alcune modifiche, che già i Costituenti stessi avevano intravisto. Tra queste elencherò per necessaria brevità solo alcune che ritengo le più importanti, senza entrare troppo nei tecnicismi, sebbene l’argomento lo richieda.

Prima fra tutte metto la fine del bicameralismo paritario: la fiducia è data e può essere tolta solo dalla Camera dei Deputati, come avviene in tutte le democrazie parlamentari del mondo. Le stesse leggi non vedranno più estenuanti rimpalli tra Camera e Senato, visto che quest’ultimo avrà funzioni diverse. Ci sarà più snellezza ed efficienza legislativa, a dispetto di iter burocratici che in Italia hanno tempi biblici, costringendo spesso i governi a operare abusando di decreti legge.

Avremo più stabilità, con il governo maggiormente capace di portare a termine il proprio programma, evitando così alibi e scarichi di responsabilità. Tenete presente che l’Italia ha avuto ben 63 governi in 70 anni ! Un paese più stabile è anche più solido economicamente e finanziariamente, quindi più affidabile per chi volesse investire da noi.

Il Senato, così riformato nelle proprie funzioni, passerà da 315 a 95 membri elettivi, compiendo così un primo passo verso un’auspicabile riduzione dei costi della politica. In tal senso verrà anche abolito il CNEL, ente ritenuto oggi da tutte le forze politiche un inutile sperpero di denaro pubblico.

Dulcis in fundo, la modifica del Titolo V della Costituzione, ovvero quello che attribuisce i poteri alle Regioni. Vi sembra normale che qualcosa che va bene nelle Marche o in Toscana, possa essere ritenuto contro la legge in Umbria? Votando SI’, le decisioni che riguardano materie di interesse nazionale torneranno allo Stato, evitando il frastagliamento di leggi regionali e in certi casi provinciali, che spesso rendono la vita impossibile ai cittadini e alle aziende. Temi strategici come quello dell’ambiente e della salute, delle grandi infrastrutture, della tutela e valorizzazione dei beni culturali, non saranno più trattati diversamente da regione a regione, magari a distanza di pochi chilometri.

Purtroppo la personalizzazione del referendum a un voto pro o contro Renzi ha fatto passare in secondo piano l’importanza della riforma stessa e dei suoi possibili vantaggi, coalizzando un fronte del NO estremamente variegato e politicizzato.

Sia chiaro, la perfezione non esiste, ma bisogna mettere sul piatto della bilancia gli effetti che saranno sicuramente positivi rispetto ai punti migliorabili, quali ad esempio la legge elettorale, di cui in questi giorni è già stata approvata una bozza.

Tra i detrattori, ci sono molti di coloro che la riforma hanno contribuito a realizzarla (ad esempio Berlusconi e i suoi), ma che per pura posizione antigovernativa, oggi la respingono.  Altri, invece, sono coloro che nell’arco di decenni hanno tentato più volte di portarla avanti, ma non sono riusciti nemmeno a proporla. Parliamo di politici quali D’Alema, che sono in pista da 40 anni e non riescono ad accettare che qualcuno riesca laddove loro hanno fallito. Si tratta insomma di “fuoco amico”, in questo caso.

«Quando fai qualcosa – recita una massima di Confucio – sappi che avrai contro quelli che volevano fare la stessa cosa, quelli che volevano fare il contrario e la stragrande maggioranza di quelli che non volevano fare niente». Nulla di più calzante oggi per descrivere buona parte dei sostenitori del NO.

È curioso pensare come gli obiettivi di questa riforma siano gli stessi che una giovane Presidente della Camera, Nilde Iotti, si era posta nel lontano 1979. E oggi stiamo ancora qui a parlarne come di una chimera, quando in realtà basterebbe un SI’.

Ai più titubanti e conservatori faccio notare che se cambiare potrà sembrare rischioso, l’immobilismo attuale porta ad una sconfitta certa. Il paese è quanto mai fermo, soffocato da una crisi senza precedenti e da una burocrazia che rende lente e spesso vane tutte le possibili reazioni in uno scenario sempre più veloce e globalizzato.

Non sarà la fine del mondo, ma qualora prevalga il NO, sarà certamente una grandissima occasione persa. Non solo. Il quadro politico è così frammentato e mosso dai populismi (la recente elezione di Trump ne è l’emblema), peraltro con il precedente di un eventuale referendum negativo, che è impossibile immaginare una nuova riforma nell’arco dei prossimi decenni. Sopravvivremo, forse, come fatto finora: con governi deboli e frequenti, sotto scacco di piccoli gruppi, con il rischio, in quel caso sì, di una pericolosa deriva autoritaria.

E la nostra casa, bella ma non più efficiente, rischia prima o poi di crollare al primo terremoto per scarsa manutenzione.

Francesco Zaccagni, Novembre 2016