Ogni volta che facevo un viaggio, nell’era dei social network, inviavo a Gubbio una sola cartolina: al mio amico Aurelio Passeri, in Via Aquilante.
A lui faceva molto piacere, sia perché amava collezionare le cartoline, sia perché, quando poi ci rivedevamo in giro, oltre a ringraziarmi con affetto, coglieva sempre la palla al balzo: “Che bel posto ‘i visitato! ‘L mondo è bello, ma Gubbio è ’n’altra cosa!”.
Non c’era città o meraviglia del pianeta alla quale lui non riuscisse a trovare un difetto tale da far restare la sua Gubbio sempre e comunque la città più bella.
Di lui molti ricordano lo scultore. Numerose sono le sue opere, tutte in stile classico, che traspirano la propria straordinaria sensibilità per la vita e amore per Gubbio. Riguardo allo stile, Aurelio (che non era certo uno che le mandava a dire) non era solito risparmiare critiche ai fautori dell’arte moderna e contemporanea, spesso mostrandomi in contrapposizione ad essa alcuni dettagli delle sue sculture. “Guarda che manine che c’ha ‘sta bambina … Guarda che unghiette! Sapessi quanto ce vole a fa ‘na mano così!…”
Altri, tra cui il figlio Luigi a cui ha trasmesso la stessa mano artistica, ricordano il ceraiolo. Sempre nelle “retrovie” del Cero, era però un valente Santubaldaro. Braccere nella muta di Santa Maria, era onnipresente, sia quando c’era da soffrire, sia quando c’era da festeggiare, in virtù della sua straordinaria passione ed esuberanza. Il 15 maggio 2011 l’ultima grande vetrina, quando ha portato giù dalla scalea la statua di Sant’Ubaldo insieme a suo figlio Luigi che l’aveva scolpita.
In realtà, le sue passioni non erano altro che la naturale conseguenza del suo grande amore per Gubbio. Credo, infatti, che Aurelio Passeri fosse uno dei più grossi difensori e decantatori delle tradizioni culturali ed architettoniche della nostra città. È questo l’aspetto che più di ogni altro mi ha colpito di lui e per cui lo ricorderò.
Più volte, incontrandolo per strada, mi manifestava quanto gli stessero a cuore le pietre della sua città, che conosceva certamente a memoria. E quasi sempre mi ribadiva la sua contrarietà ad ogni forma di intonaco, reo di occultare proprio quelle pietre che (e come dargli torto!) di Gubbio sono la vera essenza.
A tale riguardo si rammaricava per come Gubbio, nettamente il centro storico più bello ed autentico dell’Umbria, si fosse impoverita al cospetto di altri comuni umbri. In particolar modo mi manifestava la sua intolleranza a Perugia, che non riconosceva come capoluogo di provincia: “Perugia ‘n ce pole vedè, ancora ‘n c’ha perdonato tutte le botte che J’emo dato a l’epoca dei comuni…”.
Aurelio Passeri ci ha lasciato, ma giorni fa, l’ultima volta che l’ho visto, mi aveva detto di ritenersi fortunatissimo per la vita che ha vissuto, fiero della sua famiglia, dei suoi amici, della sua arte, ma soprattutto orgoglioso di averla vissuta a Gubbio.
Un altro pezzo di storia di Gubbio ci ha lasciato, ma certamente ora sarà felice, incastonato tra le sue pietre.
Francesco Zaccagni, 11/10/2014