TITOLO DI STUDIO vs INTELLIGENZA vs PRATICITÀ

Molto spesso si utilizza il titolo di studio per valutare e giudicare le persone. Nulla di più sbagliato.
È chiaro che, in alcune professioni, la laurea è una condizione necessaria, ma non potrà mai essere un parametro oggettivo per misurare l’intelligenza o le capacità di un individuo.
A parte il fatto che oggi la laurea è un titolo diffusissimo, conosco persone plurilaureate che, in situazioni quotidiane, vanno in tilt: non riescono a prendere il treno giusto in stazione, hanno difficoltà ad acquistare un oggetto su Amazon, non riescono a capire una barzelletta, non sanno andare in biciletta o non sono in grado di cuocersi un uovo.
Laurea a parte, ci sono persone che reputo dotate di intelligenza superiore, eccellenti in ambiti specifichi, che poi vanno in difficoltà nelle cose più semplici. A volte possono essere distratte o sovrappensiero, non ascoltano forse per eccesso di sicurezza, oppure sono concentrati su problemi complessi e quindi snobbano dettagli quotidiani spesso fondamentali. Fatto sta che mi capita sempre più spesso di imbattermi in queste situazioni e ormai non mi sorprendo più di nulla.
Per fare un esempio concreto: in una chat ho dato indicazioni chiare per eseguire un’azione semplicissima (un bonifico) e, tra tutti, le uniche due persone che hanno sbagliato sono tra coloro che ritengo più intelligenti e hanno il titolo di studio più alto.
Con questo, non voglio giudicare nessuno, non ce l’ho certo coi laureati (la laurea ce l’ho anche io anche se ancora è nel tubo di cartone con cui l’ho ritirata), ma per favore non giudichiamo le persone per luoghi comuni. In sostanza, essere brillanti in un campo non significa essere bravi in tutto: e serve equilibrio tra teoria e pratica.

IL PARADOSSO DELLE PASSWORD

Nell’era digitale ognuno di noi è costretto a gestire quasi quotidianamente decine tra password, pin, codici utenti, numeri di sblocco, telefoni, account, ecc. Non solo, questi vanno costantemente modificati per “rafforzarne” la sicurezza. Fatto sta che anche chi è dotato di memoria sovrumana è costretto a scrivere queste password da qualche parte (o su carta o su file), pregiudicando così tutte le velleità di sicurezza.
Lo so, esistono sistemi di password manager, ma quanti li conoscono e utilizzano?
Questa delle password è, secondo me, una di quelle situazioni in cui il troppo è come il poco.

COME RIUSCÌ SAN FRANCESCO A PARLARE CON GLI UCCELLI?

Alessandro Barbero al Festival del Medioevo di Gubbio ci ha raccontato un San Francesco inedito. Uno tosto con sé ma soprattutto con gli altri. Uno con cui non si poteva discutere. Un personaggio scomodo. E ci svela pure una versione alternativa (forse più verosimile) della chiacchierata con gli uccelli.
Una storia diversa di un grande Santo, in un’ottica più umana, con pregi e difetti molto simili ai nostri. Una storia che poi il suo narratore, Bonaventura da Bagnoregio, ci ha riportato in forma molto più edulcorata oltre che miracolosa. Questi 5 minuti che ho filmato sono esemplari.

IL CORSO CHE NON C’E’ PIU’

Rispetto a quando ero ventenne io (anni ‘90), oggi manca una fetta importantissima di gente, perché è cambiata la socialità delle persone. Sto parlando di coloro che andavano sul corso come me, solo per vedersi e incontrarsi. Le vasche. Il corso a quel tempo era sempre chiuso come ora ed era servito dagli stessi parcheggi, ma era sempre pieno di persone di tutte le età, dagli adolescenti agli ultracinquantenni. Tutti i giorni dell’anno dalle 18 alle 20 nei feriali e tutto il giorno nei festivi. Poi si sa, quando un luogo è pieno di gente, attira altra gente, e viceversa.
Oggi siamo in un circolo vizioso. Nessuno per vedersi va più sul corso. Qualcuno si accontenta di chattare nei social, qualcuno va altrove. A quel punto non essendoci più la gente, i negozi chiudono, rendendo il luogo ancor meno attraente.
Bisogna fare qualcosa per invertire la tendenza, ma oltre a tutte le cose emerse nell’articolo, bisognerebbe fare una cosa difficilissima: cambiare la testa e le abitudini alla gente che è sempre più pigra di fronte a un mondo sempre più tecnologico, ma triste.

LA MIA ESPERIENZA IN CONSIGLIO PROVINCIALE

Con la seduta di ieri mattina si è conclusa la mia esperienza da Consigliere della Provincia di Perugia. Nonostante la legge in vigore abbia tolto molta dignità al ruolo dei rappresentati politici provinciali (oltre che azzerato del tutto la retribuzione!), sono stati tre anni nei quali ho dato come mio solito il massimo, cercando di far coesistere l’impegno politico in Provincia con quello in Comune, oltre che quello professionale.
L’inopportunità dell’attuale legge è dimostrata dall’importanza che continua ad avere la Provincia di Perugia per i numerosi comuni, tra cui Gubbio, in materie come viabilità, scuole e beni patrimoniali. I risultati di questo triennio sono noti e consultabili.
Dal punto di vista personale, è stata un’esperienza molto proficua, avendo potuto apprezzare e conoscere persone nuove (sia politici che dipendenti dell’ente), consiglieri e sindaci di altri comuni, condividere idee e visioni diverse che sono sempre motivo di crescita.
È stata certamente una consgiliatura di successo, visto che la nostra presidente Stefania Proietti è stata individuata come candidata per il centrosinistra alla presidenza della Regione alle prossime elezioni. Conoscendo la sua caparbietà e preparazione, sono sicuro che sarebbe un’ottima guida per l’Umbria. C’è proprio bisogno di una come lei.
Prima, però, domenica 29 settembre si voterà per il rinnovo del Consiglio Provinciale. Nel fare i migliori auguri ai colleghi consiglieri Moreno Landrini e Scilla Cavanna per essere riconfermati, a Cesare Carini che è l’unico socialista in lista, non posso non evidenziare un grande vuoto. Si tratta dell’assenza di un candidato eugubino, nonostante ora il centrodestra abbia la maggioranza a Gubbio e la lista dei loro candidati per le prossime provinciali sia composta di soli 9 elementi su 12 disponibili. Non sarebbe stato impossibile eleggere qualcuno. Peccato.

LA MIA ESPERIENZA IN CONSIGLIO PROVINCIALE

Con la seduta di ieri mattina si è conclusa la mia esperienza da Consigliere della Provincia di Perugia. Nonostante la legge in vigore abbia tolto molta dignità al ruolo dei rappresentati politici provinciali (oltre che azzerato del tutto la retribuzione!), sono stati tre anni nei quali ho dato come mio solito il massimo, cercando di far coesistere l’impegno politico in Provincia con quello in Comune, oltre che quello professionale.
L’inopportunità dell’attuale legge è dimostrata dall’importanza che continua ad avere la Provincia di Perugia per i numerosi comuni, tra cui Gubbio, in materie come viabilità, scuole e beni patrimoniali. I risultati di questo triennio sono noti e consultabili.
Dal punto di vista personale, è stata un’esperienza molto proficua, avendo potuto apprezzare e conoscere persone nuove (sia politici che dipendenti dell’ente), consiglieri e sindaci di altri comuni, condividere idee e visioni diverse che sono sempre motivo di crescita.
È stata certamente una consgiliatura di successo, visto che la nostra presidente Stefania Proietti è stata individuata come candidata per il centrosinistra alla presidenza della Regione alle prossime elezioni. Conoscendo la sua caparbietà e preparazione, sono sicuro che sarebbe un’ottima guida per l’Umbria. C’è proprio bisogno di una come lei.
Prima, però, domenica 29 settembre si voterà per il rinnovo del Consiglio Provinciale. Nel fare i migliori auguri ai colleghi consiglieri Moreno Landrini e Scilla Cavanna per essere riconfermati, a Cesare Carini che è l’unico socialista in lista, non posso non evidenziare un grande vuoto. Si tratta dell’assenza di un candidato eugubino, nonostante ora il centrodestra abbia la maggioranza a Gubbio e la lista dei loro candidati per le prossime provinciali sia composta di soli 9 elementi su 12 disponibili. Non sarebbe stato impossibile eleggere qualcuno. Peccato.

CALCIO D’ARABIA: MEGLIO I SOLDI O LA GLORIA?

Cambiare squadra oggi è normale, non esistono più le bandiere come un tempo. E i soldi sono importanti, non bisogna fare gli ipocriti.
Quello che però non riesco a capire è come un grande giocatore come Osimhen, a soli 25 anni e avendo vinto poco, scelga di chiudere (almeno per ora) con il calcio che conta.
Posso capire chi sceglie i soldi a fine carriera, come CR7 o Messi, dopo aver vinto tutto, ma a 25 anni no.
È la sconfitta dello sport e dell’agonismo nei confronti dell’avidità senza limiti.
A volte mi domando: c’è una differenza sostanziale tra guadagnare 10 o 40 milioni a stagione?

GLI SCACCHI GIOCO PER VECCHI !?

Assolutamente no! Voglio sfatare questo luogo comune. Ho 52 anni e ancora a scacchi tengo duro anche con i più giovani. E’ sicuramente più facile restare competitivi rispetto a sport fisici come calcio o ciclismo, seppure anche tra questi sport vi sono differenze.
Eppure le statistiche parlano chiaro: ad alto livello agonistico gli scacchi sono uno sport quasi esclusivamente per giovani. Tra i primi 100 giocatori del mondo, solo 14 hanno più di 40 anni.
Sarebbe anche da chiedersi perché tra i primi 100 non ci sia nessuna donna (la prima è la cinese Yifan Hou, 111^) ma questo è un altro argomento, in parte collegato a questo dell’età, che approfondirò più avanti.

PIÙ GRAVE TOGLIERE LA LIBERTÀ A UN INNOCENTE CHE LASCIARE LIBERI 10 DELINQUENTI

Nell’immagine ho accostato due facce quasi opposte della stessa medaglia. Sono il simbolo di una giustizia italiana che certamente non funziona. Da una parte un uomo, ex detenuto, liberato dopo aver passato 32 anni ingiustamente in carcere. Dall’altra un gioielliere che la giustizia ha pensato di farsela da solo, probabilmente esasperato da precedenti rapine, ma compiendo vere e proprie esecuzioni a sangue freddo.
La giustizia in Italia è spesso debole con i forti e forte con i deboli, le pene raramente vengono rispettate e nonostante ciò le carceri sono sempre più affollate.
Ho riflettuto molto su questi due eventi, provando pure ad immedesimarmi nelle varie situazioni: a mio avviso è molto più grave togliere la libertà a un innocente che lasciare liberi dieci delinquenti. Ora chi lo ripaga a Zuccheddu per i 32 anni rubati?

IL FATTORE TEMPO È DECISIVO

Negli scacchi spesso è la cura del dettaglio che fa vincere le partite, ma esiste il fattore tempo che ne limita la possibilità di perfezionarlo.
Sia in termini materiali, ossia il tempo indicato dall’orologio, visto che se lo finisci perdi a prescindere dalla posizione sulla scacchiera.
Sia in termini strategici, ossia il tempo di sviluppo dei pezzi, visto che è fondamentale che questi siano attivi ed entrino nel cuore del gioco prima possibile.
Negli scacchi ad alto livello chi gioca passivo perde al 100%, anche se non commette errori.
Non solo negli scacchi…

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