Parlare di Craxi mi fa tornare in mente i tempi della mia adolescenza, quando a casa mia si mangiava pane e Politica, quella vera, con la “P” maiuscola. Erano gli anni in cui tutto andava bene, o per lo meno così sembrava: l’Italia era in pieno boom industriale e le nostre squadre di calcio primeggiavano in Europa e nel mondo. Il Partito Socialista incarnava lo spirito di milioni di Italiani che credevano in uno Stato moderno, laico e riformista. Immediatamente il mio pensiero si rivolge a mio padre, che era allora segretario del PSI di Gubbio, della sezione Nenni per la precisione (visto che nella nostra città ve ne erano addirittura due), oltre che Vicesindaco per alcuni anni.
A Gubbio il PSI, grazie a una tradizione radicata, era ancora più forte che in Italia; sempre con la bussola ben indirizzata a sinistra, ma a una sinistra moderna e innovatrice, certamente non quella dei “no” ad oltranza. Il Governo della città era frutto dell’alleanza storica con l’allora PCI, composto da Persone, tutte di una certa Levatura, che si accordavano sui programmi e sulle cose da fare per la città e non sulle poltrone. La Politica era di tutti, ma non per tutti. Ognuno dava il proprio contributo, ma la Politica la facevano solo i migliori. C’era più umiltà e sicuramente maggior senso della dignità, quello che forse manca oggi. La Politica era un Ideale e non un posto di lavoro.
Craxi era il leader per antonomasia e, a casa mia, quando parlava in Parlamento o in qualche intervista al TG, quasi inconsciamente, tutti abbassavamo il tono della voce per sentirlo parlare. Non era mai banale e ogni sua parola dava ancor più sicurezza a un paese che era già di per sé entusiasta.
E poi il tonfo di Tangentopoli. Ricordo perfettamente lo scoramento di mio padre il 30 aprile del 1993, nel momento in cui la folla inferocita scagliava su Craxi monetine all’uscita dall’Hotel Raphael a Roma. Era la caduta di un mito, la fine di un sogno, la disillusione per molti che avevano creduto in Craxi, nel suo carisma, ma che comunque, come mio padre allora e io oggi, continuavano a serbare nel proprio animo l’Ideale socialista.
Ancora oggi, a 13 anni esatti dalla sua morte, la figura di Craxi è estremamente controversa, visto che per anni ha rappresentato e rappresenta tuttora il simbolo di Tangentopoli, l’emblema della politica avida e corrotta, oltre che uno degli artefici del famigerato debito pubblico italiano. Di lui molti ricordano il discorso del ’92 sul finanziamento ai partiti con l’intera Camera che rimase in vile silenzio, fino ad arrivare alla fuga per alcuni, l’esilio per altri, in Tunisia.
Tuttavia, a fronte di indubbi atti illeciti e deprecabili, mai come oggi, a mio avviso, in un momento in cui la politica, quella con la “p” minuscola, ha perso ogni credibilità, è facile rivalutare la figura di Bettino Craxi, quantomeno una buona parte. Di sicuro era un vero statista, uno dei maggiori artefici in quegli anni del miracolo italiano, protagonista sul terreno delle conquiste economico-sociali e della democrazia. Sarebbe oggi irriverente qualsiasi confronto con Silvio Berlusconi, al quale era legato da una profonda amicizia. Direi che il divario Craxi-Berlusconi in termini di statura politica è forse dieci volte maggiore a quello già rilevante in termini di statura fisica… Craxi fu colui che a Sigonella seppe riportare in alto l’orgoglio del Paese, contro lo strapotere americano. Indubbi, in quegli anni, erano il prestigio internazionale suo e dell’Italia intera.
Se confronto la politica di allora con quella di oggi, sia a livello locale che nazionale, mi viene quasi da piangere di nostalgia e non solo perché ripenso a mio padre: non mi riferisco solo a Craxi, ma a gran parte dei Politici dell’epoca. Se poi penso che Franco “Batman” Fiorito era uno di coloro che tirava le monetine a Craxi, se penso allo squallore generale dell’Italia di oggi, se penso alla totale assenza di valori da parte della maggior parte dei politici, la nostalgia si trasforma in rabbia.
In questo clima di assoluta mediocrità, mi torna in mente la lapide intitolata a Pietro Gori presso la sede della Società Operaia di Gubbio: “Dove dormono i giganti i nani di passaggio non si persuadono di essere stati preceduti da tanta grandezza”. Se questa è la Seconda Repubblica, dovrebbe inginocchiarsi e chiedere scusa alla Prima.
Francesco Zaccagni – Gubbio Oggi – 17/01/2013