“COSA” e non “CHI”

Se si potessero affrontare gli argomenti senza sapere CHI abbia detto COSA, tutto sarebbe più facile.
Ormai il pregiudizio, il livore, il tifo da stadio, uniti all’ignoranza e all’incompetenza di massa, hanno preso il sopravvento in ogni campo.
Se tutto quanto fosse affermato in forma anonima, a quel punto emergerebbero solo i contenuti e le soluzioni migliori.

SONO UN EUROPEISTA CONVINTO

Al di là delle tante chiacchiere che si fanno e delle reali inefficienze, sono un europeista convinto, non tanto perché ci credo (e ci credo davvero!), quanto perché ogni singolo stato europeo, da solo, sarebbe il nulla. Pure la Germania, che altrimenti avrebbe già fatto a tutti una bella pernacchia.
E’ naturale che sia io che i miei coetanei, e soprattutto quelli più anziani di me, siamo affetti da una sorta di nostalgia socio-storico-economica di un qualcosa che non esiste più.
Per fortuna la stragrande maggioranza dei giovani europei ragiona, altrettanto naturalmente, in termini comunitari e senza barriere, nonostante tutti i campanilismi, i provincialismi e le reali inefficienze di un continente che deve veramente scrollarsi di dosso la vecchiaia e passare dalla geografia alla storia e alla cultura.

A QUANDO IL DECRETO “ARROGANZA” ?!

Più che il “decreto dignità” di cui si parla tanto in queste settimane, a mio avviso, andrebbe emanato il “decreto arroganza”, contro tutti coloro che parlano di materie tecniche che a mala pena conoscono. Addirittura, costoro hanno pure la presunzione di insegnarle a chi le studia da anni.

Il paradosso è che tutti sembrano concordi sul fatto che occorrerebbe investire su cultura e istruzione, ma è solo ipocrisia. Del resto, che senso ha studiare per anni una materia, se oggi il primo stronzo senza alcun titolo, che al massimo ha letto l’argomento su Wikipedia, ha diritto di contestare nel merito un luminare?!

Nella foto allegata ho fatto riferimento alla diatriba sui vaccini, ma credo che questo mio ragionamento sia valido per tante altre materie di carattere tecnico-scientifico: la gestione dei rifiuti, le fonti di energia, le infrastrutture e molte altre ancora.

Di certo, se si procede così non si combinerà più nulla.

destra o sinistra?

DESTRA O SINISTRA? IL GOVERNO AMBIDESTRO

Per quanto gli ideali politici siano ormai un lontano ricordo, la grande magia politica del M5S è quella di saper far credere al proprio elettorato di sinistra che il governo che ora stanno appoggiando NON sia di DESTRA.

La grande forza della LEGA, invece, è quella di saper imporre e far apprezzare i propri ideali di estrema destra anche a ignari quanto orgogliosi elettori di sinistra.

NELLE ELEZIONI COMUNALI LE PERSONE PREVALGONO SUI SIMBOLI

Quanto più la competizione elettorale riguarda un ambito ristretto, tanto più la qualità e la credibilità delle persone prevale sul simbolo del partito.
La grossa flessione del M5S tra le elezioni politiche e quelle comunali non è solo frutto di un mero calcolo numerico, anche se pure quello ha il suo peso (non facendo alleanze, un conto è moltiplicare i voti per 30, un altro è farlo per 300).
Il fatto è che in una città medio piccola, diciamo di 30.000 abitanti, delle persone si conoscono capacità e impegno civico, fatti e misfattti, vizi e virtù, hobby e passioni, a prescindere dal partito con il quale si candidano.
Una selezione ad personam che su scala nazionale è impossibile fare, tanto che la perdita di credibilità ha risucchiato indistintamente quasi tutti gli esponenti dei partiti “tradizionali”.
La chiave delle elezioni comunali è tutta qui. Il rapporto diretto tra gli elettori e i candidati, la loro rete di conoscenze, hanno molta più forza di un simbolo, anche se oggi ha il vento in poppa. Altrimenti sarebbe impossibile spiegare alcune riconferme di sindaci del PD, partito in fase di autodistruzione.
Per questo è fondamentale la scelta dei candidati, in particolar modo quella del candidato Sindaco, non tralasciando alcun dettaglio.

perchè cadono i quadri ?

MA PERCHÉ CADONO I QUADRI?

Dialogo del film “La leggenda del pianista sull’oceano”, tratto dal monologo teatrale “Novecento” di Alessandro Baricco.

MAX: Nonno, non te lo sei mai chiesto perché cadono i quadri?

VENDITORE: No, veramente.

MAX: A me m’ha sempre colpito tutta questa faccenda dei quadri.

VENDITORE: Ma che cazzo c’entra il quadro!

MAX: C’entra! Perché a Novecento quella famosa notte andò come va per i quadri: stanno su per anni, e poi senza che accada nulla, ma nulla dico, FRAN, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, però loro a un certo punto FRAN, cadono lo stesso. Nel più assoluto silenzio con tutto immobile intorno, non una mosca che vola e loro FRAN! Non c’è una ragione, perché proprio in quell’istante? Non si sa. FRAN! Cos’è che succede ad un chiodo per farlo decidere che proprio non ne può più? C’ha un’anima anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, il chiodo? Erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere da anni, poi hanno deciso un data, un ora, un minuto, un istante preciso? O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato! “Guarda, io mollo tutto fra 7 anni”. “Per me va bene”. “Allora intesi, per il 13 maggio”. “Ok”. “A mezzogiorno”. “Facciamo a mezzogiorno e tre quarti”. “D’accordo, allora buonanotte”. Sette anni dopo, il 13 maggio, a mezzogiorno e tre quarti… FRAN! È impossibile da capire, è una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, sennò esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli, un mattino, e scopri che non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi “Io devo andarmene da qui”. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando una sera in mezzo all’oceano Novecento alzò lo sguardo dal piatto, mi guardò negli occhi e…

esiste l'inferno ?

L’INFERNO POTREBBE ESISTERE ANCHE SE NON CI HAI CREDUTO!

Premetto che, ahimè, non sono credente, ma come ogni essere pensante, a volte mi sono interrogato sull’esistenza o meno di Dio e dell’Aldilà. Mi piace analizzare e ragionare, per cui non ho mai rigettato a priori alcuna ipotesi, anche la più apparentemente improbabile.

A destare la mia attenzione recentemente è stata questa frase pubblicata da un mio amico di Facebook, quasi a monito dopo l’approvazione al Senato della legge sul testamento biologico: “L’INFERNO POTREBBE ESISTERE ANCHE SE NON CI HAI CREDUTO”.

Mi appassionano i problemi di logica e per questo ho subito ritenuto interessante analizzare la frase dal punto di vista dell’opportunità, come se fosse un problema tipico della “teoria dei giochi”.

Da buon scacchista, so bene che non bisogna accantonare mai nessuna ipotesi. Pertanto, la prima cosa che ho pensato è che l’ipotesi, sebbene io non sia credente, potrebbe essere vera. La seconda ipotesi, altrettanto vera, è quella contraria, cioè che “L’INFERNO POTREBBE NON ESISTERE ANCHE SE CI HAI CREDUTO”. Tuttavia, siccome per precauzione va sempre considerata l’eventualità peggiore, mi sono soffermato a ragionare sul fatto che l’inferno esista e sia un luogo certamente poco ospitale e non gradito per nessuno. Anche per me che non ci credo.

Quindi, procedendo sempre con opportunità logica, onde trovare la strada giusta per andare in Paradiso o quantomeno evitare l’Inferno, mi sono balzate in mente tante domande a cui ho provato invano di dare risposta.

Quali sono i criteri per andare in Paradiso? Esiste la possibilità di andarci senza crederci? Chi decide? – Dio! – Quale Dio? – Dio è uno solo! – Ma se Dio è uno solo, perché le professioni religiose sono così diverse tra loro e spesso pure in conflitto? E chi Dio non avuto mai la possibilità di conoscerlo per come lo professiamo noi, perché nato in luoghi sperduti o in tempi lontani, andrebbe all’inferno? – Certamente no, altrimenti sarebbe un Dio ingiusto e crudele e questo va escluso. Se quindi la professione religiosa non conta, il ragionamento porta a pensare che sia sufficiente essere buoni e agire secondo una certa etica per andare in Paradiso. Ma cosa intendiamo per etico? L’etica è un concetto universale?  A cominciare da Socrate, passando per Kant, tantissimi filosofi hanno provato a trovare una definizione universale del concetto di etica. Ci hanno provato, eppure i fatti e la storia dimostrano che ciò che noi consideriamo oggi “bene” e “morale” potrebbe non esserlo per qualche popolo lontano, con una cultura diversa dalla nostra. O, addirittura, potrebbe diventare amorale domani per i nostri stessi discendenti.

Ecco, tra questi ragionamenti, mi perdo. L’unica certezza che ho è che sono troppo logico per andare in Paradiso. Forse.

Francesco Zaccagni, 20/12/2017

FURBIZIA contro INTELLIGENZA

gatto-volpeMai come oggi possiamo verificare sul campo l’enorme differenza tra queste due caratteristiche personali.
Il FURBO di sicuro arriva prima, é quello che non rispetta le file ed ottiene spesso e prima di altri piccoli risultati. Ma arriva poco lontano.
L’INTELLIGENTE a volte potrebbe pure essere furbo, ma preferisce non farlo, perché sa che prima o poi arriverà pure il suo turno.
Tuttavia l’intelligente, quando il furbo si è già fermato e non sa dove andare, tira dritto perché ha obiettivi chiari e strategie efficaci. E arriva lontano dove nessun furbo potrà mai arrivare.
A buoni intenditori, poche parole…

Evviva gli errori!

Snoopy-errori

La vita è piena di imprevisti, a volte pure piacevoli, ma purtroppo molto spesso negativi. In certi casi, non possiamo far altro che subirli, in quanto non prevedibili e soprattutto non rimediabili.

In realtà, nella maggior parte dei casi, un evento negativo non è altro che frutto di un proprio errore e proprio per questo evitabile. Il problema è che spesso le situazioni negative della vita vengono vissute con irrazionalità e superficialità, pensando più a piangersi addosso anziché a rintracciarne le cause per evitarne il ripetersi. E qui ci sarebbe tanto da lavorare.

Utilizzando il tennis come metafora, un imprevisto irrimediabile negativo può essere considerato “l’ace”: battuta a 180 Km/h e impossibilità di prendere la pallina. Quindi, in questo caso come in altri sport, a volte si subiscono punti o sconfitte per gesti tecnici perfettamente eseguiti dall’avversario.

Al contrario, negli scacchi non funziona mai così. Ogni risultato è esclusivamente frutto della propria condotta, tanto che sempre di più considero questo sport una rappresentazione logica e accelerata della vita, da cui trarne spesso insegnamento.

Una partita a scacchi, infatti, non è altro che “una battaglia contro l’errore”, come amava ripetere il famoso Grande Maestro Xavier Tartakover, tanto da fare dell’errore una vera e propria apologia. È proprio la constatazione, la comprensione, lo studio e la risoluzione dell’errore che permettono il miglioramento di se stessi.

Negli scacchi non esiste la fortuna e quando si vince significa che in qualche modo si è stati superiori all’avversario (per un miglior piano strategico, per la preparazione tattica, per la concentrazione, per la resistenza e per la motivazione, ecc). Si sarà sicuramente felici per la vittoria, ma non si potrà certo utilizzare la partita per migliorare il proprio livello di gioco.

Viceversa, ogniqualvolta si perde, si è certamente commesso un errore, piccolo o grande che sia. Anche se l’avversario è molto più forte, significa che abbiamo sbagliato qualcosa noi e non che abbia mosso perfettamente lui!

Rintracciare l’errore, analizzarlo, comprenderlo e trovarne la soluzione significa accrescere la propria conoscenza scacchistica e quindi diventare più forti. Le partite a scacchi, come le situazioni nella vita, sono in alcuni frangenti ripetitive. Sapere con certezza come comportarsi alla 13^ mossa del “Gambetto di Donna”, dopo una determinata mossa dell’avversario, significa essere più forti di un giocatore che conosce la variante fino alla 12^ mossa…

Nelle varie situazioni che la vita ci propone quotidianamente si potrebbero fare esempi analoghi, ma purtroppo sono pochi coloro che pongono attenzione agli errori. Alcuni neanche se ne accorgono, pensando che il reiterarsi di eventi negativi a loro danno sia frutto della propria sfortuna cronica. Altri, peggio ancora, spesso ravvedono l’errore ma, addossandolo quasi sempre agli altri e trovando per sé stessi mille alibi, non lo risolvono mai.

Pertanto, benvenuti siano gli errori, purché siano compresi, analizzati e risolti. È un lavoro molto faticoso, ma va fatto, altrimenti è preferibile… non sbagliare.

Francesco Zaccagni

Ripensando a Craxi…

craxi_gubbio1Parlare di Craxi mi fa tornare in mente i tempi della mia adolescenza, quando a casa mia si mangiava pane e Politica, quella vera, con la “P” maiuscola. Erano gli anni in cui tutto andava bene, o per lo meno così sembrava: l’Italia era in pieno boom industriale e le nostre squadre di calcio primeggiavano in Europa e nel mondo. Il Partito Socialista incarnava lo spirito di milioni di Italiani che credevano in uno Stato moderno, laico e riformista. Immediatamente il mio pensiero si rivolge a mio padre, che era allora segretario del PSI di Gubbio, della sezione Nenni per la precisione (visto che nella nostra città ve ne erano addirittura due), oltre che Vicesindaco per alcuni anni.

A Gubbio il PSI, grazie a una tradizione radicata, era ancora più forte che in Italia; sempre con la bussola ben indirizzata a sinistra, ma a una sinistra moderna e innovatrice, certamente non quella dei “no” ad oltranza. Il Governo della città era frutto dell’alleanza storica con l’allora PCI, composto da Persone, tutte di una certa Levatura, che si accordavano sui programmi e sulle cose da fare per la città e non sulle poltrone. La Politica era di tutti, ma non per tutti. Ognuno dava il proprio contributo, ma la Politica la facevano solo i migliori. C’era più umiltà e sicuramente maggior senso della dignità, quello che forse manca oggi. La Politica era un Ideale e non un posto di lavoro.

Craxi era il leader per antonomasia e, a casa mia, quando parlava in Parlamento o in qualche intervista al TG, quasi inconsciamente, tutti abbassavamo il tono della voce per sentirlo parlare. Non era mai banale e ogni sua parola dava ancor più sicurezza a un paese che era già di per sé entusiasta.

E poi il tonfo di Tangentopoli. Ricordo perfettamente lo scoramento di mio padre il 30 aprile del 1993, nel momento in cui la folla inferocita scagliava su Craxi monetine all’uscita dall’Hotel Raphael a Roma. Era la caduta di un mito, la fine di un sogno, la disillusione per molti che avevano creduto in Craxi, nel suo carisma, ma che comunque, come mio padre allora e io oggi, continuavano a serbare nel proprio animo l’Ideale socialista.

Ancora oggi, a 13 anni esatti dalla sua morte, la figura di Craxi è estremamcraxi_gubbioente controversa, visto che per anni ha rappresentato e rappresenta tuttora il simbolo di Tangentopoli, l’emblema della politica avida e corrotta, oltre che uno degli artefici del famigerato debito pubblico italiano. Di lui molti ricordano il discorso del ’92 sul finanziamento ai partiti con l’intera Camera che rimase in vile silenzio, fino ad arrivare alla fuga per alcuni, l’esilio per altri, in Tunisia.

Tuttavia, a fronte di indubbi atti illeciti e deprecabili, mai come oggi, a mio avviso, in un momento in cui la politica, quella con la “p” minuscola, ha perso ogni credibilità, è facile rivalutare la figura di Bettino Craxi, quantomeno una buona parte. Di sicuro era un vero statista, uno dei maggiori artefici in quegli anni del miracolo italiano, protagonista sul terreno delle conquiste economico-sociali e della democrazia. Sarebbe oggi irriverente qualsiasi confronto con Silvio Berlusconi, al quale era legato da una profonda amicizia. Direi che il divario Craxi-Berlusconi in termini di statura politica è forse dieci volte maggiore a quello già rilevante in termini di statura fisica… Craxi fu colui che a Sigonella seppe riportare in alto l’orgoglio del Paese, contro lo strapotere americano. Indubbi, in quegli anni, erano il prestigio internazionale suo e dell’Italia intera.

Se confronto la politica di allora con quella di oggi, sia a livello locale che nazionale, mi viene quasi da piangere di nostalgia e non solo perché ripenso a mio padre: non mi riferisco solo a Craxi, ma a gran parte dei Politici dell’epoca. Se poi penso che Franco “Batman” Fiorito era uno di coloro che tirava le monetine a Craxi, se penso allo squallore generale dell’Italia di oggi, se penso alla totale assenza di valori da parte della maggior parte dei politici, la nostalgia si trasforma in rabbia.

In questo clima di assoluta mediocrità, mi torna in mente la lapide intitolata a Pietro Gori presso la sede della Società Operaia di Gubbio: “Dove dormono i giganti i nani di passaggio non si persuadono di essere stati preceduti da tanta grandezza”. Se questa è la Seconda Repubblica, dovrebbe inginocchiarsi e chiedere scusa alla Prima.

Francesco Zaccagni – Gubbio Oggi – 17/01/2013

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