santino1I Ceri negli anni hanno perso tantissimi pezzi da novanta e Santino é sicuramente uno di questi.forno_santino_1996

Può essere definito un vero e proprio cosmopolita del Cero, provenendo dalla “gloriosa manicchia delle vigne”, come la definiva lui, ma molto legato comunque ai ceraioli della Madonna del Ponte, con i quali ha chiuso la propria carriera con la muta de Didá, e strizzecerisopratutto al quartiere di San Martino.

Santino era una di quelle persone che non poteva non essere simpaticissimo a tutti. Eugubino verace, autentico professionista per la caccia alla lepre ed esperto tartufaro, era inimitabile quando andava a cantare ” ’l maggio”, e ogniqualvolta c’era da fare baldoria in allegria. Chi non ricorda qualche trasferta del Gubbio accompagnata dalla sua fisarmonica?

Grandissimo ideatore di battute ed aforismi, definì simpaticamente “lambada strofineira” il suo incedere barcollante a punta davanti l’ultimo anno in cui fece la curva de Didá.

A raccontarci un memorabile aneddoto ceraiolo é Sandro del Forno, l’amico di mille battaglie con il quale ha condiviso tante Calate: ” ‘n anno s’era rotto ‘n braccio e c’avea ‘l gesso fino sopra ‘l gomito. Parecchi non gnel voleano fa piá… A ‘n certo punto uno de Sant’Ubaldo gl’ ha chiesto se se la sentiva di venire giù col gesso e lui con la sua proverbiale prontezza gl’ha risposto: “Volete montà su anche vo’ ?”  Ala fine l’ha preso lu e é gita bene, anche se m’é venuto ‘n po’ adosso…., anche perché io e Meroni* insieme non c’avevamo paura de nessuno!”…

*Meroni era uno dei più diffusi soprannomi di Santino, per la grande somiglianza con il giocatore del Torino

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